Seminario metodologico. Roma, 28-30 luglio 2015
di Clara Aiosa
La seconda giornata del Simposio, molto densa nella sua articolazione, oltre alle due relazioni del mattino (Militello e Bosin) ha previsto un ulteriore percorso di ricerca sui Paradigmi storico-sociali come provocazione alla/della riforma. Ad alternarsi, sono stati Carmelo Dotolo, della Pontificia Università Urbaniana e Gianluca Montaldi della Università Cattolica di Brescia.
Il primo a prendere la parola è stato il prof. Carmelo Dotolo con una relazione dal titolo Riforma ecclesiologica e paradigmi storico-sociali. Per un iniziale status quaestionis, articolata in cinque punti: 1) l’evangelizzazione invoca una riforma; 2) riforma e ordinarietà della crisi; 3) dalla comparsa di un nuovo modello interpretativo all’esigenza di una riforma; 4) paradigmi storico-sociali. Alcune linee interpretative; 5) istanze per una ri-forma ecclesiale.
Il prof. Dotolo, ha collocato il suo intervento all’interno dell’istanza fondamentale, che a suo avviso, è la più determinante nell’attuale situazione storica del cristianesimo, oltreché decisiva soprattutto nel vortice nel vortice dei mutamenti che le società stanno attraversando con evidenti spostamenti nell’asse organizzativa dei vissuti e delle loro motivazioni: il ripensamento della credibilità istituzionale della realtà ecclesiale, che si accompagna all’implosione assiologica del ruolo delle istituzioni nel regolamentare i cammini delle società.
Partendo dal dato che la questione di una riforma è una costante nella storia della Chiesa, questione che il Vaticano II, ha scelto come fondamentale per ridelineare i tratti dell’identità cristiana, e per proporre la sua sapiente riforma ecclesiologica, il prof. Dotolo ha richiamato energicamente come oggi, il richiamo alla necessità di un’inversione di rotta, è rintracciabile nella riproposizione della categoria di evangelizzazione, raccogliendo anche l’enfasi prodotta dalle parole di papa Francesco sul nesso vitale tra riforma della chiesa ed evangelizzazione.
Analizzando la correlazione tra riforma e ordinarietà della crisi, è stata proposto di sostare preliminarmente sul senso complessivo della parola “crisi”, per cercare di assumere il significato che s’innerva più significativamente nella tematica della riforma. Sotto questo profilo sono state passate in rassegna le definizioni sul termine “crisi” segnalati da Bauman, Habermas, Castoriadis, Luhmann, per concludere che se si assume la crisi come “salutare interruzione delle abituali connessioni tra vita e pensiero”, allora è possibile innescare processi di riforma non più considerati nell’ottica della straordinarietà, ma come capacità sempre in fieri di rispondere con intelligenza e discernimento alle nuove istanze e ai cambiamenti socio-culturali.
Un’altra correlazione è stata messa in campo nella relazione del prof. Dotolo: la comparsa di un nuovo modello interpretativo e l’esigenza di riforma. In questo senso, è stato messo in evidenza l’indubbio processo di crescita e di comparsa di nuovi modelli conoscitivi attestati dalle teologie del XX secolo e prospetticamente presenti nello scenario attuale in ambito teologico, processo che ha consentito la trasformazione del paradigma o del modello interpretativo con l’intero complesso dei diversi metodi, ambiti problematici e tentativi di soluzione, quali erano finora riconosciuti dalla comunità teologica. Questa nuova figura acquisita dalla teologia/e, non è indifferente alla necessità di configurare nuovi stili di vita cristiana a livello etico, spirituale, istituzionale. Tuttavia, nel momento di dare un volto ai percorsi di riforma, la discussione oscilla tra realtà mistica e dimensione storica dell’essere della Chiesa; tra l’insistenza sulla questione giuridica della riforma ecclesiale e una lettura ecclesiologica che tematizza l’idea di Chiesa secondo modelli e immagini maggiormente adeguate ad esprimere il potenziale semantico della svolta ecclesiologica conciliare.
Registrando, in sostanza, un deficit di riforma ecclesiologica, il relatore l’ha collegato a una dimenticanza e/o lontananza dalla ecclesiologia del Vaticano II, la quale ha messo in moto un percorso di rivisitazione in rapporto anche a uno scollamento con il tessuto sociale e culturale, la cui differenziazione strutturale invoca un assetto differente degli elementi istituzionali ecclesiali. In questo senso è stato affermato che la riforma non va pensata come stato eccezionale rispetto al quotidiano e al tradizionale, ma come spazio usuale dell’aggiornamento e rinnovamento.
Ritenendo importante individuare alcuni elementi del contesto culturale che chiamano in causa l’istanza di un processo di riforma, il prof. Dotolo, ha offerto qualche chiave di lettura per entrare nella complessità della contemporaneità, scegliendo alcuni indicatori che possono essere interpretati come segni dei tempi: la ricerca di un nuovo ethos; la riscoperta del dono; il riconoscimento degli altri per una convivialità interculturale; lo stile del dialogo per abitare il mondo; la spiritualità e la religione nello spazio pubblico.
A partire, poi, dalla convinzione che i processi di modernizzazione abbiano inciso sul ruolo delle istituzioni e, di riflesso, sulla posizione socio-culturale delle comunità ecclesiali, si è fatto leva, in particolare, sugli esiti concreti che questa influenza ha determinato nel cristianesimo: da un lato, l’ecclesializzazione dell’esperienza cristiana, dall’altro, la crescente de-ecclesializzazione degli individui.
Sulla scorta di tali considerazioni e sebbene in modo schematico, sono state segnalate alcune istanze ecclesiologiche in grado di orientare verso scelte di riforma: a) percorso di soggettivazione del popolo di Dio; b) costruzione di luoghi ecclesiali nella complementarità ministeriale; c) essere comunità nella profezia di un mondo differente.
In conclusione, il relatore ha insistito sull’idea che l’idea-ideale di una riforma che sappia immaginare la Chiesa che verrà, non può esimersi dalla possibilità che il cambiamento debba coinvolgere la leadership assieme alla pluralità dei cristiani, con la conseguente riforma delle strutture e della loro simbolica. Questa la consegna-speranza che il prof. Dotolo ha espresso: il cambiamento messo in atto dal Vaticano II circa l’autocomprensione dell’identità ecclesiale è un elemento prezioso perché il problema della riforma possa trasformarsi in opportunità per rivitalizzare la novità dell’annuncio cristiano. In questo senso lo sforzo per una riforma della Chiesa può diventare un compito affascinante, che in definitiva, corrisponde all’identità propria del cristianesimo.