• 25 Febbraio 2016

Ricerche Teologiche 2/2016

Se conoscere e apprendere il proprio tempo nella forma del pensiero è, a giudizio di Hegel, il compito principale della filosofia,[1] in quanto posizione permanente della domanda radicale circa il senso della totalità del reale, la necessità di pensare il proprio tempo costituisce sempre il tentativo di individuare una cifra in ordine alla ricerca della verità sull’esistere e sull’agire umano.

Tale compito, per l’uomo, in quanto agente razionale, nasce dalla necessità di pensare la propria presenza nel mondo e nella storia e le proprie scelte di vita di fronte al continuo mutare dell’orizzonte nel quale si collocano le esperienze umane del proprio tempo. Cifre interpretative che certamente aiutano a comprendere la necessaria profondità del senso del proprio essere collocato in una costante spazio-temporale che, al tempo stesso, rivela una frattura, una possibile apertura al «nuovo», in modo da scoprire una «direzione» che costituisca l’orizzonte per una risposta ai quesiti fondamentali circa il compimento e la salvezza stessa dell’uomo.

In questo compito è impegnata anche la teologia, specialmente dopo lo sviluppo scientifico contemporaneo, il quale ormai mostra che esiste un’area di senso e di intelligibilità significativa anche per la razionalità scientifica in ordine alle questioni antropologiche ed etiche cha vanno al di là delle strette determinazioni del metodo e dei fondamenti epistemologici della ricerca scientifica stessa.

All’interno di questo contesto, il problema dei rapporti tra le scienze dell’umano, organizzate attorno al modello della ragione scientifica, da una parte, e il sapere della fede, strutturato dalla ragione teologica, dall’altra, va ridisegnato, secondo modalità articolate e differenziate, su diversi valori cognitivi, ambiti d’indagine e metodologie in grado di superare i vecchi schemi della contrapposizione fra positivismo e fideismo e quelli dell’apologetica a base scientifica, che nel concordismo ha avuto il suo momento più significativo.

Questo comporta, ovviamente, per il sapere della fede, come per le scienze dell’umano, una rideterminazione della propria riflessività. Al sapere della fede, cioè, è posto il problema del suo posizionamento tra le varie scienze dell’umano, il compito di decifrare, coniugare e declinare tutte le eventuali ricadute e ripercussioni che le implicanze delle scienze dell’umano provocano nella sua struttura interna formale e discorsiva, e l’impegno a precisare la sua natura di pensiero credente che ha la responsabilità scientifica di situarsi significativamente tra le concezioni del mondo e dell’uomo. Dato che la rideterminazione del sapere della fede non può eludere, da una parte, le questioni che riguardano le modalità e le possibilità teoretiche dell’incidenza delle nozioni scientifiche nella riaffermazione della speranza credente, e non può non autoconfigurarsi, dall’altra, nel quadro di una «integrazione dei saperi», il posizionamento del sapere della fede riguarda non solamente la definizione del rapporto interno che le istanze delle diverse scienze dell’umano stabiliscono con la dimensione veritativa e conoscitiva della coscienza credente, ma anche le modalità delle relazioni esterne tra il sapere della fede e le scienze dell’umano al di là di una semplice «dialogia» che individui possibilità conciliative e modalità di assorbimento di un sapere nell’orizzonte dell’altro o viceversa.

Ciò, però, implica, il porre in atto una riflessività che possa essere in grado di articolare autonomamente un proprio linguaggio, legittimamente configurato e pubblicamente significativo. Questo non vuol dire che i contenuti teologici si possono dedurre come una conseguenza necessaria e come un’estensione logica della concezione scientifica del mondo e neppure comporta che tali contenuti si trovino direttamente in contrapposizione reale o logica con quanto le concezioni scientifiche del mondo contengono. Tuttavia, poiché i contenuti teologici potrebbero essere sentiti come un corpo estraneo e come realtà prive di qualsiasi riferimento e rapporto con tali concezioni, il compito che si pone davanti alla ragione teologica non è quello di dimostrare la non esistenza di contraddizione tra i contenuti teologici e le concezioni scientifiche, ma è di mettere in rilievo, da una parte, che nella stessa descrizione scientifica si possono individuare i momenti che possono servire all’interpretazione teologica, dall’altra, che la struttura autocritica della ragione teologica è decisiva per la comprensione del reale, in quanto è legata alla forma della fede nella sua valenza di momento epistemico e di intelligibilità della rivelazione.

Da questo punto di vista, se, da una parte, non è possibile interpretare le acquisizioni dei saperi scientifici in termini direttamente teologici, dall’altra, la ragione teologica può legittimamente sviluppare in modo adeguato questi concetti all’interno di una sua propria tematica e articolare autonomamente un proprio linguaggio anche rispetto all’uso linguistico che ne fanno altri saperi.[2]

Anche questo numero di Ricerche Teologiche, in continuità con la sua tradizione, si fa carico di questa responsabilità del pensare di cui la teologia è chiamata a farsene carico.

Nella sezione monografica, intitolata Per un’antropologia dinamica e integrale: in dialogo tra scienze teologiche e science antropologiche, vengono pubblicati i contributi, secondo un’articolazione tematica, che scaturiscono da due eventi organizzati alla Pontificia Università Antonianum di Roma, in seno a un progetto di ricerca tenuto in tale Università dall’aprile del 2013 al gennaio del 2016, e supportato da un finanziamento di ricerca da parte della John Templeton Foundation. Il primo evento è stato una conferenza pubblica che ha avuto luogo giorno 1 dicembre 2015, dal titolo Antropologia e cristologia: tradizione e prospettive odierne, nel quale hanno tenuto relazioni Mary Melone e Niels H. Gregersen. Il secondo evento è stato la realizzazione di un seminario di ricerca tenuto tra il 10 e il 12 dicembre 2015 sul tema “Diventare” persona umana “integrale”: in dialogo tra scienze teologiche e scienze antropologiche, nel quale sono intervenuti come relatori, Vincenzo Battaglia, Calogero Caltagirone, Ivan Colagè, Cettina Militello e Marco Nobile.

Nel presentare le ragioni di tale percorso riflessivo Ivan Colagé, scrive che «il progetto di ricerca che ha inquadrato queste iniziative si concentrava sul tema dell’unicità umana, tema tradizionale e cruciale per la tradizione filosofica e teologica cristiana che, proprio negli ultimissimi decenni, si è visto al centro di numerosi dibattiti e ricerche specialistiche in contesto scientifico. L’obiettivo del progetto era quello di indagare circa la possibilità di coniugare – in maniera metodologicamente cogente e prospetticamente fruttuosa – i recenti avanzamenti scientifici in tal senso con alcuni temi teologico-filosofici tradizionali e le loro riletture contemporanee». Sotto questo profilo, la sezione monografica, «attesta il carattere genuinamente interdisciplinare della ricerca promossa, in quanto raccoglie contributi di filosofi, teologi e biblisti, e copre diverse prospettive a proposito della questione antropologica. Questi contributi, inoltre, toccano in vari punti, a da specifici angoli visuali, alcuni temi caratteristici della “visione scientifica del mondo” contemporanea, dalla dimensione più cosmologica (come il tema dell’informazione quale categoria che taglia trasversalmente tutti i domini dell’universo, dal fisico al semantico), alla dimensione biologico-evolutiva e quella neuro-cognitiva». Conseguentemente, la prospettiva di fondo che caratterizza «questa sezione monografica – pur nella ricca varietà di approcci e priorità espresse – è una concezione dinamica e integrale dell’essere umano. Ognuno dei contributi raccolti qui di seguito propone apporti stimolanti in questa prospettiva, apporti da mettere ulteriormente a lavoro e farli interagire tra loro».

Nella sezione Studi, il saggio di Gianluigi Pasquale, intitolato La scelta etica di salvezza in Alessandro di Hales. Intorno al dibattito sulla «teologia di scuola» francescana, mette a tema le condizioni di possibilità grazie alle quali l’evento cristiano si è potuto collocare all’interno della storia universale, avviandone un’ermeneutica irreversibile, per quanto oggi secolarizzata, declinabile quale «figura di senso» di quanto accade. Anche se i primi ad accorgersene furono i Padri della Chiesa, fin dal II secolo d.C., tuttavia, è nel XIII secolo, e in particolare con la «Scuola di pensiero» francescana, che la storia è diventata per la teologia ciò che il pensiero è per la filosofia. Un impulso particolare, secondo l’Autore, venne da uno dei capostipiti di quella, il francescano anglosassone Alessandro di Hales (1185-1245), maestro di San Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274). Del «Doctor Irrefragabilis», come egli venne designato,  rimangono validi due contributi intercettati dalla teologia soltanto di recente.

Il primo è l’intuizione per cui Gesù Cristo si sarebbe incarnato «liberamente» per l’amore del Padre verso l’uomo, non «costrittivamente» a causa del peccato di quest’ultimo. Il secondo è la convinzione che, nell’unità tra l’Antico e il Nuovo Testamento, la continuità del processo storico è garantita da Dio, il quale, però, rispetta la discontinuità appannaggio della contingenza connessa alla libertà umana. L’etica dell’umano è, dunque, pertinente, alla storia della salvezza come sua parte integrante. Anzi, la novità portata dal cristianesimo alla storia, secondo Alessandro di Hales, sta proprio nelle potenzialità assegnate dalla grazia alla libertà umana, così «liberata». Ne segue che ogni frammento della storia, prima, durante e dopo Cristo, diventa per l’uomo, e la donna, che vive eticamente la propria salvezza, sia per il presente dell’«oggi», sia del futuro «per sempre».

Nella sezione Resoconti viene pubblicata la cronaca della presentazione del volume in onore di Cettina Militello Ecclesiologia dal Vaticano II, a cura di Calogero Caltagirone e Gianluigi Pasquale, che si è tenuta il 21 aprile 2016 presso la Pontificia Università «Antonianum» di Roma.

Chiudono il numero, come sempre, le consuete rubriche delle Recensioni e dei Libri ricevuti, a testimonianza del fatto che ogni ricerca necessita sempre del contributo di tutti e del confronto e dialogo tra tutti.

[1] «Per quanto riguarda l’individuo, ciascuno è senz’altro un figlio del suo tempo; così, anche la filosofia è il proprio tempo colto in pensieri». G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto. Diritto naturale e scienza della stato, Rusconi, Milano 1986, p. 61.

[2] Per una contestualizzazione e motivazione di quanto detto, Cfr. C. Caltagirone, Ri-pensare Dio. Tra mutamenti di paradigmi e rimodulazioni teologiche, Cittadella, Assisi 2016; Per una teologia pubblica nella società secolare, in G. Lingua (a cura di), Secolarizzazione e presenza pubblica della religione, LXIX convegno della Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate, Roma 25.27 settembre 2014, Pensa Multimedia, Lecce-Rovato (BS) 2015, pp. 261-268; Sapere della fede e scienze dell’umano. Articolazioni del senso antropologico, in «Ho Theológos», 2, 2010, pp. 265-282; Scienze e teologia. Incontri e scontri ai confini della conoscenza, EDB, Bologna 2002; Ripensare il mondo. Spazio-tempo, cosmovisioni, conoscenze, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2001 La sfida culturale dell’oggi al «“ridire” il simbolo di fede», in C. Dotolo (a cura di), Il Credo oggi. Percorsi interdisciplinari, EDB, Bologna 2001, pp. 143-162; Saperi e ragione teologica. Considerazioni sui rapporti tra scienze-umano sociali e teologia, in C’era una volta il Magistrale. Annuario dell’Istituto Magistrale «A. Manzoni» di Caltanissetta (1929-2001), Edizioni Lussografica, Caltanissetta 2001, pp. 61-80.

INDICE:

MONOGRAFICA: PER UN’ANTROPOLOGIA DINAMICA E INTEGRALE: IN DIALOGO TRA SCIENZE
ANTROPOLOGICHE E SCIENZE TEOLOGICHE
IVAN COLAGÉ, Le ragioni di un percorso
CALOGERO CALTAGIRONE, La singolarità personale dell’uomo all’interno del «paradigma evolutivo».
IVAN COLAGÉ, “Riutilizzo Neurale Culturale”: la cultura umana tra scienze naturali e teologia.
MARCO NOBILE, La storiografia biblica (la narrazione) e la scienza biblica l’esegesi.
CETTINA MILITELLO, A proposito di “natura” in Gaudium et spes: da una visione statica ad visione una
dinamica.
VINCENZO BATTAGLIA, L’umano di Gesù di Nazareth: ri-dire l’evento dell’incarnazione in dialogo con le
scienze antropologiche. Puntualizzazioni orientative.
MARY MELONE, Alla ricerca dell’uomo “unanime”: note di antropologia in Riccardo di san Vittore
NIELS H. GREGERSEN, Il Cristo emozionale: Bonaventura e l’emozione profonda.
STUDI
GIANLUIGI PASQUALE, La scelta etica di salvezza in Alessandro di Hales. Intorno al dibattito su «teologia di
scuola» francescana
RESOCONTI
GIANLUIGI PASQUALE, Quando dalla Chiesa si apprende il servizio della riconoscente reciprocità.
Presentazione del libro Ecclesiologia dal Vaticano II, a cura di Calogero Caltagirone – Gianluigi Pasquale,
Roma 21 Aprile 2016 – Pontificia Università «Antonianum»

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