• 18 Luglio 2023

MONS. BETTAZZI E LA SUA MAGNIFICA EREDITÀ

 

La SIRT partecipa al lutto della chiesa italiana per la morte del vescovo mons. Luigi Bettazzi, avvenuta domenica 16 luglio. Pur non avendo avuto mai la possibilità di averlo tra noi, a motivo della sua età, la sua testimonianza e il suo magistero hanno costituito un punto di riferimento importante per la nostra associazione. Mons. Bettazzi ci lascia una magnifica eredità.
La sua fedeltà al concilio, il suo aderire fermamente alle acquisizioni conciliari, il suo convinto impegno per continuare a vivificare la chiesa con una testimonianza esemplare, il suo impegno per la pace, per i diritti, continueranno ad essere presenti nel nostro cammino, nei nostri itinerari di ricerca, nella nostra passione teologica, nel nostro amore per la chiesa, sul solco del concilio Vaticano II, di cui Bettazzi è stato testimone autorevole, strenuo e appassionato difensore.

Ultimo padre italiano del concilio Vaticano II, a cui ha partecipato come vescovo ausiliare del cardinale Giacomo Lercaro, “padre” Bettazzi, così voleva essere chiamato, per 17 è stato presidente di Pax Christi, movimento cattolico fortemente impegnato sul tema della Giustizia e della Pace. Unico italiano tra i 42 padri conciliari, principalmente latinoamericani, che il 16 novembre 1965, pochi giorni prima della chiusura del Concilio, si riunirono nelle Catacombe di Domitilla a Roma per celebrare una Eucaristia chiedendo fedeltà allo Spirito di Gesù e per firmare il famoso Patto delle Catacombe, con cui esortavano i “fratelli nell’Episcopato” a portare avanti una “vita di povertà”, una Chiesa “serva e povera”, come suggerito da Giovanni XXIII.

È lui stesso a ricordare quel momento in una recente intervista con i media vaticani: «Fu un incontro occasionale, promosso dal collegio belga. Nelle catacombe eravamo in 42, io ero l’unico italiano, ma poi ci siamo impegnati a far firmare ad altri e al Papa sono andate 500 firme di vescovi, e sarebbero state forse anche di più, se le avessimo cercate. La cosa importante è l’attenzione ai poveri e si diceva che il vescovo deve vivere più semplicemente, nelle abitazioni e mezzi di trasporto. Ma deve essere vicino ai poveri e ai lavoratori manuali, a quelli che soffrono e che sono in difficoltà, contro la tendenza che abbiamo ad essere vicini ai ricchi e potenti, che poi ci garantiscono».

Splendido il suo rapporto con don Tonino Bello. È stato lui a raccoglierne l’ultimo respiro. Altrettanto edificante il suo impegno per la pace per la non violenza, di cui Bettazzi si fece profeta e portavoce con continui appelli, con l’invito fermo all’obiezione fiscale e alle spese militari. Promotore instancabile del dialogo anche con i non credenti, dialogo che costituiva la testimonianza più importante dei valori del concilio Vaticano II; di lui tutti ricordano la lettera indirizzata a Enrico Berlinguer del luglio 1976 e le critiche che gli sono state mosse.

Un particolare ce lo restituisce anche nella sua dimensione pienamente umana e solidale. Nel 1978, assieme ad altri due vescovi, Clemente Riva e Alberto Ablondi, si offrì in ostaggio in cambio della libertà al presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse. Ma la trattativa non ebbe mai seguito, anche perché la Curia lo impedì.

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