di M. Cristina Carnicella
Dopo i saluti di rito, il presidente della SIRT, prof. Carmelo Dotolo apre i lavori del Simposio ricordando sinteticamente il percorso effettuato dall’associazione fino a questo momento e facendo presente che i lavori, partono dalla riflessione sull’ “AMEN”, ma sono finalizzati alla sintesi che prenderà avvio con i laboratori di ri-scrittura previsti per il giorno 25 luglio e che le coordinate scelte per il percorso di riflessione e come guida verso i laboratori sono state: l’orizzonte biblico, la dimensione liturgica, e le prospettive di confine.
Passa quindi la parola alla professoressa Marida Nicolaci che ha il compito di guidare la riflessione nell’orizzonte biblico.
La professoressa Nicolaci inizia il suo intervento con la lettura di un brano del commento di Tommaso al Vangelo secondo Matteo, nel quale sono riportate le interpretazioni dell’amen di Agostino e di Girolamo. Secondo questi padri l’amen è espressione di desiderio, sigillo di ciò che si è detto, attestazione di verità…
Dopo aver premesso che le lettere che compongono la parola “Amen” derivano dalla radice verbale “Amman” (che rimanda all’essere solido, stabile) che si usava in contesto giudaico per esprimere l’atto di fede, che il termine in realtà non è molto frequente in contesto veterotestamentario e neotestamentario e che in contesto neotestamentario è usato fondamentalmente da Giovanni, passa ad esaminare i vari contesti e le diverse accezioni in cui l’espressione è usata.
1) Pur essendo l’amen una espressione che apparteneva al linguaggio comune, nel Nuovo Testamento l’espressione è usata sempre in un contesto religioso teologico. In collegamento con l’uso veterotestamentario indica l’assenso ad una parola che si riconosce come avente validità assoluta.
Nell’AT lo si ritrova nel libro dei numeri nel rituale dell’ordalia della donna sospettata di adulterio o in Dt 27,15-26. In questi casi l’amen funge da conferma di una maledizione. Il suo uso è iussivo. Rimanda al fatto che il giudizio divino deve compiersi su chi trasgredisce.
Chi pronuncia l’amen attesta di saper quale è la conseguenza (maledizione) per la trasgressione e riconosce implicitamente il potere della parola di Dio che è in grado di trasformare le parole (di maledizione) in fatti.
2) L’amen si ritrova in contesto narrativo come in 1 Re 1,36 in cui l’amen indica il desiderio che l’adesione alla volontà di Dio coincida con una benedizione, per cui l’amen è in funzione di una “parola” a cui si dà assenso,
3a) e in contesti oracolari, in cui l’amen è risposta ad una parola divina come nel caso di Ger 11,5 e 28,6 in cui, in cui, alle parole del Signore che ricorda il patto tradito, Geremia risponde: “Amen”.
3b) Un altro uso dell’amen è in contesti in cui ha la funzione di un sì impegnativo come in Ap. 1,7. Dopo la prima dossologia c’è un oracolo che si conclude con “Si, amen”. In questo caso l’amen riconosce validità assoluta alla parola divina.
4) Nella maggior parte dei casi, nel Nuovo Testamento l’amen è responsoriale e il contesto è quello della preghiera. Si tratta di un contesto prevalentemente liturgico. Mediante l’amen, la comunità si appropria della preghiera o risponde alla preghiera dell’orante. I salmi dei primi 4 libri si concludono col doppio amen.
In Rm 15,33 e Gal 6,18 ritroviamo chiaramente questo uso. Terminare la preghiera con l’amen vuol dire associarsi a ciò che la preghiera esprime. Il fatto poi che i LXX traducano l’espressione con: “che così accada” dà all’espressione stessa una connotazione di speranza.
5) Viene anche utilizzato in contesto di assunzione di responsabilità come in 1 Cor 14,16, in cui l’amen coinvolge tutta la comunità e ogni singolo al suo interno
6) Nell’Apocalisse di Giovanni l’amen ha il ruolo di fungere da filo conduttore. Esso lega in un’unica dossologia tutti gli attori-protagonisti. L’unico “Amen” lega in modo indissolubile spazi, tempi e protagonisti della storia della salvezza.
7) In alcuni casi l’amen è usato come dichiarazione di fede e fiducia. Anche se questo aspetto è marcato e appare in primo piano solo in pochissimi casi. Il presupposto alla base di ques’uso è che l’assenso di fede non è disgiungibile dall’atto di fede, anzi pone l’atto di fede come suo presupposto. Di modo che l’amen diventa anche lode e gloria (2 Cor 1,20)
In Ap 1,7 dopo la prima dossologia (1,5-6) Giovanni fonde due testi profetici veterotestamentari. Il “Si, amen” che sigilla questo oracolo assicura il compiersi dell’evento. “Si, amen” ricompare poi a chiusura dell’Apocalisse (penultimo versetto). Il tema della venuta di Gesù (già leit-motiv dell’apocalisse) e la doppia affermazione sulla bocca di Gesù (il “noi” di certezza: “con certezza io verrò a voi”), trovano il loro corrispettivo nell’amen posto in bocca al veggente che rappresenta la comunità. L’amen suscita l’invocazione. Esprime una fede vigorosa, la speranza certa, la piena fiducia. E’ un amen che si fonda sul “si” del Signore, che è assenso di fede di natura profetica e probabilmente anche escatologica
8) Generalmente l’amen non si limita a dichiarare la forza oggettiva della parola, ma presuppone e necessariamente richiede una partecipazione soggettiva ad essa.
9) Abbiamo poi un uso a-tipico dell’amen. In Is 65,16 l’amen è usato come titolo divino. Si parla di “Dio dell’amen”. Il testo pone in opposizione coloro che appartengono al popolo ebreo e non seguono la parola divina, con coloro che invece temono la sua parola pur non appartenendovi. Il testo affronta i criteri per l’inclusione nel popolo eletto. Il criterio discriminante non è la nascita, ma l’impegno nei confronti della parola. Saranno attratti al “Dio-amen” tutti coloro che hanno dimostrato fedeltà amorevole.
Ap 3,14 sembra riprendere questo titolo divino. Come mai il titolo sia ripreso dall’autore dell’Apocalisse è oggetto di ipotesi.
Si può ipotizzare:
a) che Giovanni trasferisca questo titolo a Gesù per impostare un discorso cristologico e dare più corpo alla sua cristologia
b) che l’amen sia compreso all’interno di un discorso di testimonianza “fedele e verace” che identifica e connota la persona del Cristo risorto. Viene enfatizzata la veridicità del testimone che in questo caso è il Verbo divino per sottolineare la corrispondenza con la fedeltà divina che in Cristo diventa “appello alla fedeltà” incarnata. Cristo identifica la Rivelazione in quanto “affidabile”. Il Cristo persona è la fedeltà a Dio; è Parola che impegna Dio, ma anche l’uomo che deve aderire ad essa, deve farla sua, assorbirne gli effetti “trasformanti”
c) la ripresa di un uso gesuano dell’amen. Anche in questo caso si tratterebbe di un uso a-tipico in quanto Gesù usa l’amen come introduzione alle sue parole. In questo caso si tratterebbe di un amen profetico che garantisce ciò che Gesù dice.
Nel testo apocalittico legherebbe la dimensione storica di Gesù al Gesù risorto che mantiene tutte le promesse e realizza le profezie.
10) L’uso dell’amen in 2Cor1,18-22. Qui siamo in un contesto polemico. Paolo è chiamato a difendere i criteri di fedeltà del suo comportamento. Deve difendere il suo “ministero apostolico”. Si tratta quindi di una difesa che è contemporaneamente “personale” e “professionale” in quanto apostolo.
Il campo semantico di questo testo è segnato dalla parola “fedeltà” e il contesto è giuridico. Paolo infatti chiama in causa i testimoni: Dio è fedele, è stato sempre fedele e Dio stesso può essere chiamato in causa a testimoniare la fedeltà di Paolo. Lui in quanto apostolo non è libero di dire ciò che vuole, ma è vincolato alla fedeltà alla parola di Dio. Perciò non può che essere conforme a Cristo in cui si sono compiute le promesse di Dio. In lui il “si”generico diventa il “si” per antonomasia.
Dopo di che Paolo chiama in causa l’orizzonte comunitario. Il “si” di Dio a Cristo travalica e trasfonde nella comunità (“per mezzo suo”: riferito a Cristo-“per mezzo nostro”: riferito alla comunità).
L’amen quindi raccoglie, porta con sé tutta la Chiesa. L’amen quindi non è solo quello del culto, ma è qualcosa che si connota come profondamente ecclesiale. Attraverso questo amen sale a Dio la gloria.
Da questo uso dell’amen vengono messe in risalto alcune conformità:
a) Conformità tra mezzo e messaggero
b) Conformità tra contenuto della parola e vita di colui che la porta
c) Conformità tra liturgia ed esistenza
d) Conformità tra l’amen della Chiesa e l’amen divino
Da quanto detto fino ad ora, partendo dall’uso vetero e neotestamentario dell’amen si possono desumere alcune dimensioni fondamentali dell’amen:
a) Dimensione antropologico-esistenziale, ovvero l’amen come atto consapevole e responsabile, parola degna di fede. Non si può portare il messaggio divino senza esserne coinvolti, strutturalmente trasformati e informati
b) Dimensione “impegnativa”. L’amen sigilla il carattere escatologico della fede
c) Dimensione teologica. Dio è verità, fedeltà e la sua fedeltà è salda. L’amen è risposta teologico-ecclesiale che germina e si alimenta nell’essere stesso di Dio
d) Dimensione cristologica. L’amen ha funzione strutturale e nello stesso tempo rivoluzionaria. Con Cristo si può dire in un uomo ciò che era possibile dire solo di Dio. Dio è l’amen radicale. E’ fedeltà per sua natura. La fedeltà di Dio, in Cristo, viene traslata all’umanità
e) Dimensione ecclesiale e liturgica. L’amen responsoriale è proclamato dall’assemblea e implica un impegno testimoniale. E’ atto di fede e nello stesso tempo atto di affidamento su cui costruire sé stessi. La comunità ecclesiale dovrebbe essere la visibilità dell’amen di Dio al mondo e agli uomini
f) Dimensione escatologica. L’amen ecclesiale esprime un desiderio di compimento mai raggiunto. L’amen è “archè” della creazione di Dio che sostiene la storia e nello stesso tempo la spinge verso la sua realizzazione e compimento pieno.
Il professor Dotolo ringrazia la professoressa Nicolaci e riassume alcuni indicatori tratti dall’intervento che sembrano far esplodere la modalità monocorde con cui generalmente è assunto l’amen e che devono essere assunti nella loro complementarietà nei laboratori di riscrittura:
a) La dimensione dell’amen come assenso impegnativo ad un progetto-processo che richiede adesione totale
b) L’elemento responsoriale dell’amen che presuppone una assunzione responsabilizzante
c) L’elemento profetico-testimoniale dell’amen che mette in gioco la capacità “di trasformazione e di cambiamento”
d) La dimensione della promessa che si realizza. Non si tratta di aderire ad un contenuto, ma ad un progetto esistenziale
e) L’uso a-tipico dell’amen che rimanda al problema cristologico
f) Il fatto che il soggetto dell’amen, non siamo solo noi in quanto singoli o comunità ecclesiale, , ma noi nella relazione con Dio in Cristo