• 28 Luglio 2011

XV Simposio. Cronaca della terza giornata

di Mariacristina Carnicella

Il prof. Valenziano continua il discorso iniziato nei simposi della SIRT di approccio al simbolo di fede per via “pulchritudinis” attraverso la proposizione di un percorso visivo che legge” in loco” il simbolo apostolico del Battistero del Duomo di Siena, quello di S. Maria della Scala e quello niceno-costantinopolitano del Palazzo Pubblico pertanto i lavori del simposio nella mattinata del giorno 27 luglio si spostano tra le vie della città si Siena.

Il percorso guidato inizia con la visita del Battistero del Duomo di Siena
Nella sua introduzione il prof Valenziano fa presente che la connessione simboli-sacramenti è un fenomeno tipicamente toscano e che nello specifico della situazione senese, riguardo ai tre simboli, abbiamo la confluenza di tre scuole: quella agostiniana ( o meglio dei canonici sub regula augustini) /domenicana, quella francescana e quella dei canonici. Tre scuole che di fatto collaborano e si influenzano reciprocamente, ma che poi danno, ognuna per la propria specificità, una connotazione peculiare a ciascuno dei tre simboli ( anche per il legame che si viene a creare tra committenza, scuola di pensiero che è alla base della committenza., ed artista che cerca di soddisfare le esigenze della committenza). Le tre scuole convivono e hanno collaborato nella stessa realtà e la difficoltà che emerge è proprio quella di cercare di individuare cosa appartiene esattamente all’una o all’altra e gli elementi che ci rimandano alla prevalenza specifica.. Molto probabilmente nell’illustrazione del simbolo di fede del battistero c’è una prevalenza della matrice domenicana, in S. Maria della Scala, nonostante l’autore sia lo stesso del simbolo del battistero, possiamo cogliere l’influenza dei canonici, e nel palazzo pubblico, emerge la prevalenza della scuola francescana.

Il professor Valenziano dichiara che non è sua intenzione entrare nei particolari dell’opera d’arte, ma cercare di far cogliere attraverso la visita in loco, la griglia di discorso che è alla base dell’impianto iconografico
Nel battistero, ci sono tre vele e ogni vela presenta quattro articoli. L’autore è il Vecchietta che ha avuto l’accortezza di collocare lo Spirito Santo sopra la vasca battesimale (la chiave di raccordo tra i vari articoli è fornita proprio dal fatto che sulla vasca battesimale è raffigurato il mistero pasquale) e di introdurre la tipologia tra Antico e Nuovo Testamento affidandola al faccia a faccia tra l’apostolo a cui è attribuito l’articolo e il profeta (anche se poi la coincidenza non è mantenuta sistematicamente poiché ci sono delle varianti rispetto alle miniature che probabilmente potrebbero derivare dalle diverse scuole teologiche che intervengono con accentuazioni diverse).

E’ stata posta attenzione a riprendere il discorso delle 12 gemme che il gran sacerdote mette sul petto e che ritroviamo nell’Apocalisse. Per esempio il diaspro è Pietro poiché è la pietra considerata più dura e quindi la “la pietra di paragone” presa a metro e canone per tutte le altre pietre. Giovanni è rappresentato come pietra celeste ecc…Ma naturalmente si è di fronte a considerazioni talmente soggettive che non possono che sottolineare la soggettività di tali attribuzioni degli articoli agli apostoli. Il riferimento è alla leggenda raccontata da Rufino di Aquileia secondo cui gli apostoli prima di disperdersi per andare a portare il Vangelo in tutto il mondo si sarebbero riuniti e avrebbero pronunciato ciascuno un articolo del simbolo di fede. Naturalmente tutto ciò fa capire quanto la costruzione sia artificiale e come il profeta sia stato utilizzato per costruire una tipologia di supporto a questa attribuzione
Il senso catechetico è molto forte. In ogni rappresentazione di articolo c’è un personaggio in ginocchio o in piedi con un cartiglio che dice : “Credo”. In questo modo è visualizzata la “redditio” del simbolo che insieme alla “traditio” da una parte accentua l’importanza battesimale del simbolo, e dall’altra lo colloca nel cuore della chiesa locale, poiché tradizio e redditio variano a seconda del come sono fatte proprie dalle varie realtà locali.

Presenta particolari raffinatissimi la rappresentazione della “discesa agli inferi” . Il pensiero corre immediatamente al concetto di resurrezione così come è proposto dalle modalità espressive orientali che la legano al “venir su”, “allo stare in piedi”. Gesù è raffigurato due volte, una giù e una su., ma il Cristo che scende non è il Cristo che sta “in piedi” bensì il Cristo “misericordia” che discende e va a prendere i progenitori.Lli prende “per le braccia”, li afferra e li tira su, poiché l’anastasi è “il tirar su” “lo stare in piedi e il far stare in piedi”. La centralità dell’evento è in ciò, e la collocazione sulla vasca battesimale vuole sottolineare che il catecumeno che entra nel battistero “viene tirato su” dalla resurrezione del battesimo (il rimando è alla dottrina paolina del morire e del risorgere). Questo è quanto viene insegnato al catecumeno che probabilmente ancor prima di ricevere il battesimo viene portato a vedere il simbolo e che pertanto di esso ha una recezione sia uditiva che visiva.
Un’altra rappresentazione che viene sottolineata è quella che rappresenta la Trinità come anamnesi ed epiclesi. Si tratta di una rappresentazione essenziale. Da una parte c’è il personaggio che dice “credo” e poi c’è la trinità. L’anamnesi è nell’altare segnato dalla rappresentazione dell’agnello che sta in uno degli oculi. L’altare è semplicemente rivestito, ma è proprio il rivestimento dell’altare che fa l’identificazione con l’agnello che crea il riferimento anamnetico. Ma anamnesi senza epiclesi è un discorso che dal punto di vista celebrativo-sacramentale non può funzionare e l’epiclesi in questa immagine è rappresentata dallo Spirito Santo che discende sul pane e sul vino.

Altra immagine su cui il prof Valenziano si sofferma è quella della Chiesa. La Chiesa è presentata in maniera alquanto inedita. C’è il Papa che sorge (all’origine dell’immagine c’è un’icologia della radice di Jesse trascritta in un’iconografia che è un apax) da Pietro rappresentato come “pietra”. Il Papa è vestito con una veste piena di facce. Il rimando è al mosaico di S Apollinare in cui S. Apollinare vescovo indossa una casula (piccola casa) che è un’arnia perché è tutta trapunta di api.. E’ rappresentato in questo modo perché Pietro Crisologo ha detto che il vescovo se non è un’arnia a cui tutte le api possono andare, non è vescovo. Quindi con la casula è presentata l’assemblea. Cioè la Chiesa è presentata con un dominicum (tempo del Signore, spazio del Signore, l’assemblea, il sacrificio) addosso al vescovo di Roma che nasce dalla radice “Pietro”.
Il prof Valenziano si sofferma brevemente sulla remissione dei peccati che è vista come confessione ed è posta a fianco del battesimo. I due momenti sono separati da una colonna che non ha alcuna ragione d’essere: né architettonico, né pittorico. La colonna segna la distinzione e dice che di qua c’è il battesimo e di là c’è la confessione.

La visita prosegue al Palazzo pubblico.
L’impostazione del simbolo niceno cosmopolitano nel Palazzo pubblico è completamente diversa.
Viene evidenziato come le raffigurazioni di questo simbolo sono rarissime e probabilmente questa è l’unica rimasta che lo rappresenta completamente. La mancanza di tipologia fa pensare ad una prevalenza di una consulenza prevalente della scuola francescana.

Il prof Valenziano spiega che dal punto di vista tecnico ed estetico la tarsia si fa inserendo dei legni di vario colore. I colori sono naturali ma si possono avere anche dei legni trattati anche se la gamma dei colori è notevolmente ridotta.. Il colore prevalentemente usato è il verde-azzurro. Il colori serve ad accentuare e sottolineare aspetti e rende molto più plastiche le figure riprodotte
Il simbolo è collocato nella cappella in cui vengono ad ascoltare la Messa i magistrati della città e il credo è rappresentato su stalli. Si inizia conl primo e si gira intorno. L’unica eccezione è il “ex Maria Vergine et homo factus est” che è collocato su una porta. Sotto ogni immagine, in ogni stallo c’è un cartiglio con la parte di simbolo di fede che è raffigurata.
Il professor Valenziano procede ad un rapidissimo excursus del simbolo.
“Credo in unum Deum…”

E’ rappresentato S. Pietro , seduto, con un codice e con il pallio . Pietro che viene chiamato in causa come autorità in quanto il simbolo è sempre simbolo apostolico, e la fede è la fede apostolica.
“Patrem onnipotentem”

E’ il Padre pantocrator. Viene illustrato il discorso creativo. Il Padre è rappresentato seduto su un trono di serafini e cherubini e contempla il cosmo. Sarebbe interessante da sviluppare la lettura di questo cosmo che il Padre contempla per avere indicazioni su quella che era la visione del mondo nel XV secolo.
“Factorem caeli et terrae, visibilium omnium et invisibilium”.
Il legno verde è artificiale. L’aver trattato il legno con il verde dice una volontà precisa. Il personaggio nel cerchio esce fuori dal cerchio con le mani e con i piedi. E’ la volontà di voler trascrivere l’uscita o dal finito o dall’infinito, di questo dominatore delle cose, di questo Signore, che si pone al di là, ma anche al di dentro.
“Et in unum Dominum Iesum Christum Filium Dei unigenitum”.

Qui è applicato un’espediente: si prende una iconografia e la si applica in un contesto diverso. L’iconografia in questione è quella della “platitera” cioè di Maria che ha Gesù nel suo seno. Gesù è nel seno della madre, ma nello stesso tempo ne è il Signore. Gesù è rappresentato in “seno al Padre”. Il Padre è sempre seduto su un trono di cherubini e serafini e il figlio è rappresentato come nella platitera
“Ex Patre natum ante omnia saecula”

La generazione eterna del verbo viene rappresentata con uno stile che possiamo definire narrativo (il bambino, gli angeli, i raggi) . Si ha una narrazione plastica. .E’ da ammirare il tentativo di trascrizione che si cerca di fare di cose che sono impossibili di per se trascrivere. Per “recepire” bisogna lasciarsi coinvolgere “dall’intricante” che ha questo linguaggio.
“Deum de deo, lumen de lumine, deum vero de Deo vero”.
Il simbolo niceno costantipolitano è più prolisso e perciò qui l’articolazione diventa ancora più necessaria.. E’ da sottolineare il modo del Padre di porre il Figlio a specchio.

Il padre si contempla a specchio nel Figlio e la raggiera esprime il “luce da luce”. Il figlio è illuminato dalla luce del Padre e passa dall’essere nel grembo ad essere nella mano del padre. Qui non siamo di fronte a narrazione di eventi ma davanti ad riproposizione di “espressioni” che li descrivono.
“Genitum, non factum, consubstantialem Patri:per quem omnia facta sunt”
l linguaggio è ontologico. Nella tarsa precedente , il Padre crea il cosmo.Ora il cosmo non è più nelle mani del Padre, ma in quelle del “genitus”. Ma è riproposto esattamente con le stesse modalità ma in maniera diversa. La maniera diversa dice l’attribuzione diversa al Padre o al Figlio, ma dice anche che c’è analogia. Qui c’è una sorta elaborazione celebrale che però non viene ricondotta ad ideologia. Piuttosto lo si potrebbe definire un tentativo disperato per cercare di dire l’indicibile. E questi tentativi sono molto istruttivi però per capire come viene impostato il discorso.
“Qui propter nos nomine et proper nostram salutem”
“Descendit de caelis”.

Le due immagini sono legate tra di loro- “Qui propter…”.va letto in coppia con “discendit…” Nella prima c’è un angelo pronto a partire e Dio gli dà un’indicazione con la mano. Siamo nella fase di preparazione di un progetto. Nella seconda c’è la fase di realizzazione del progetto. Un’animula parte dal padre e si va ad incarnare. Questo tipo di rappresentazione sarà vietata prima del concilio di Trento perché materializza troppo l’incarnazione del Verbo. L’angelo è rappresentato come colui che “parte”, ma oltre a partire l’angelo, parte anche il contenuto del messaggio. In realtà si è di fronte ad un tentativo di rappresentazione alquanto maldestro.
“Et incarnatus est de Spiritu Sancto”

L’angelo va da Maria. L’angelo non ha in mano come capita spesso nelle annunciazioni il giglio (che non è simbolo di purezza. San Bernardo ha spiegato il significato del giglio che rappresenta l’incarnazione poichè nel bianco e nel giallo indica l’umanità e la divinità, ovvero l’umanità viene illuminata dal giallo della luce divina) , ma un ramo di mirto come spesso usano i senesi poiché in questa fase storica dell’erbolario, il mirto è considerata la pianta che emette il suo profumo solo se stropicciata e quindi diventa simbolico per le nozze.
“ex Maria virgine et homo factus est”.

E’ rappresentata Maria, il bimbo , i pastori…..Accanto a Maria un cartiglio con il quale Maria dice “Ti adoro Dio mio e Figlio mio”. In alto c’è lo Spirito che appare raffigurato per la prima volta.
“Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato” “Passus et sepultus est”
L’articolo è riproposto in due momenti distinti : la condanna con la croce e l’esecuzione della condanna e i due momenti “articolano l’articolo”.
“et resurrexit tertia die, secundum Scripturas”
La resurrezione è riproposta all’occidentale con le guardie tramortite….così come viene narrato
“et ascendit in caelum, sedet ad dexteram patris”.

Ascendit rimanda al movimento ascendente, ma il siede alla destra del Padre non è rappresentato nelle modalità tipiche del seicento in poi….. Poiché il Padre è seduto su un trono di serafini, analogamente, siede alla destra del Padre è reso dal trono di“serafini”
“et iterum venturus est cun gloria, iudicare vivo set mortuos, cuius regni non erit finis”.
In questa tarsia è rappresentato il discorso della Parusia. Ci sono le trombe, il Cristo con le piaghe e il suo segno poiché secondo quanto dice la tradizione “sarà preceduto dal suo segno”.
“et in Spiritum sanctum, dominum et vivificantem etc…”

Qui si ripropone lo stesso discorso che è stato visto nel Battistero. Ci sono i due profeti Gioele e Davide, c’è l’altare con l’eucarestia, ci sono il Padre e il Figlio, il fascio di luce che viene dall’alto, ma qui l’attenzione non è centrata sull’anamnesi e sull’epiclesi, ma sul procedit….Qui si cerca di visualizzare il Filioque
“Et unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam”.
Da un lato ci sono Pietro e Paolo che sembrano quasi due statue perchè collocate su un piedistallo, poi c’è su un unico trono con Cristo che consegna le chiavi tramite la Chiesa.. Cristo e la Chiesa sono profondamente uniti (il discorso sponsale). Vengono consegnate a Pietro le chiavi e a Paolo il calice (eucarestia). La spada di Paolo e il pastorale di Pietro sono a parte
“Confiteor unum baptisma” “in remissionem peccatorum”

Anche qui è riproposta la stessa modulazione del battistero . La remissione dei peccati è “per” il. battesimo e “per” la confessione. Battesimo e confessione sono messi insieme, forse in maniera un po’ troppo semplicistica.
“Et exspecto resurrectionem mortuorum”
Resurrezione dei morti (e non della carne). Sono riproposte le trombe della parusia e l’immagine rappresenta i morti che resuscitano.
“Et vita venturi saeculi. Amen”
La vita eterna è visualizzata dalla Trinità rappresentata antropomorficamente. Anche questo tipo di immagine sarà poi proibita. La trinità è proposta nella rappresentazione del il Figlio con il limbo crociato posto alla destra del Padre il quale ha una mano rivolta verso la destraal Figlio e una verso la sinistra allo Spirito. Lo Spirito Santo ha una cornucopia di fuoco.

Il percorso si conclude con la visita S. Maria della scala.
Il prof. Valenziano lamenta il fatto che questi ultimi affreschi sono molto rovinati e che la parte visibile è limitata. Anche qui l’autore è il “Vecchietta”, ma i si può ipotizzare un committente è diverso : il capitolo del duomo. La tipologia del battistero era una tipologia sintetica, quasi ipostatizzata, in questo caso ci si trova di fronte ad un modulo di più ampio respiro, più esteso, ad un modulo più abituale nelle scuole della cattedrale anche se, a causa della parte di affresco che è andata distrutta il discorso resta incompleto ( per poter lavorare sulla tipologia ci sarebbe bisogno di avere l’immagine completa nelle sue parti).

Si può provare a ricostruire il tipo-antitipo in una delle immagini abbastanza complete.
Il Vecchietta lavora molto con l’architettura e in questo caso pone l’antitipo nella lunetta e il tipo nella fascia. E’ rappresentato un altare e la sinagoga. Non tutti i personaggi riescono ad essere identificati. L’iscrizione ad un certo punto è rovinata e perciò si interrompe. Al di sopra c’è il tipo: un altro altare. I due altari sono contrapposti e chiaramente il secondo è l’altare dell’agnello. Su entrambi gli altari c’è una specie di tovaglia con una bordura di colori che per l’Antico Testamento rimandano alle tribù d’Israele e per il Nuovo Testamento ai dodici apostoli. L’altare dell’Antico Testamento è collocato in una struttura architettonica che non è particolarmente significativa, mentre l’altare dell’agnello è collocato nell’abside che è il luogo architettonico che indica l’abbraccio. Nella parte di sotto il protagonista è il sacerdote, nella parte di sopra è la Trinità.

A fianco c’è l’immagine del giudizio. (Non è possibile dire niente riguardo alla disposizione e alla logica intrinseca della disposizione degli articoli del simbolo di fede a causa della mancanza di parti.) Il giudizio è rappresentato alla maniera classica simile a quello del battistero: l’arcangelo Michele opera la separazione tra buoni e cattivi; meno visibile, ma presente è la resurrezione dei morti
Nella parete di fronte è rappresentata l’annunciazione/natività. Le due icone sono unite. La natività è posta tra l’angelo che annuncia e Maria. L’angelo è inginocchiato di fronte a Maria e, angelo e Maria, sono inginocchiati di fronte al bambino. C’è una sorta di contrazione dei tempi in una immagine unica.

I lavori riprendono il pomeriggio con le relazioni del prof. Meddi e del prof. Montaldi che rileggono il volume pubblicato dalla SIRT frutto del simposio che ha preso in analisi l’articolo di fede “Credo la resurrezione della carne. La vita eterna”.

Il prof. Meddi sviluppa il suo intervento partendo dalle domande che nascono attraverso la rilettura dei testi e dal tentativo di individuare delle risposte per cercare di dare una risposta al disagio della cultura contemporanea. Individua le figure linguisti utilizzate dagli autori del volume per sviluppare l’approfondimento teologico sull’articolo di fede (antrropologicamente:una nuova cultura per dire il corpo; teologicamente: “la responsabilità di Dio” ; cristo logicamente: Gesù Cristo, nuovo Adamo), sottolinea i rilanci teologici che riportano in primo piano l’incarnazione, la resurrezione e la pentecoste come orizzonti di senso per la storia dell’uomo, apre la riflessione al problema linguistico e ai dispositivi linguistici necessari per ri-dire il credo, oggi. Propone un recupero del linguaggio della Chiesa primitiva per vedere se è possibile tramite esso un processo di inculturazione del messaggio nella realtà contemporanea e una teo-logia che si ripensa a partire dalle domande antropologiche di oggi

Anche il prof Montaldo parte nella sua relazione dalle difficoltà linguistiche che si hanno a veicolare il contenuto di fede dell’articolo nel contesto contemporaneo e delinea un percorso che si sviluppa dalla storia ( l’interesse della storia, al di là della storia; il desiderio umano:interesse della storia; l’incarnazione: inter-esse della storia) , per passare all’archeologia della struttura escatologica e alla archeologia dei nuclei simbolici, per giungere ad una riflessione sul fondamento di ciò che è la nostra speranza (Eb11,1) e sulla responsabilità per la “nostra” speranza”. Riflessione che porta alle problematiche “Che cosa realmente speriamo quando professiamo il simbolo di fede?”, “Dove, in questo mondo globalizzato, si pone la speranza?” “Come, noi cristiani, rendiamo visibile la nostra speranza?”

Terminate le relazioni prende avvio la discussione.che si presenta articolata e molto accesa.

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