di Clara Aiosa
Introduce i lavori della seconda giornata del Simposio, il presidente Carmelo Dotolo, richiamando alcune questioni di metodo necessarie per la circolarità ermeneutica degli articoli del Simbolo. In particolare la questione linguistica relativa all’alternanza del ridire riscrivere e riformulare il Simbolo non come gioco verboso ma come indispensabile attenzione ai nodi essenziali legati ad ogni espressione simbolica; in secondo luogo il criterio della fedeltà alla tradizione unita all’esigenza della acculturazione del messaggio; in terzo luogo la possibilità di chiedersi se lo schema del Simbolo così come l’abbiamo ricevuto possa essere conservato in questo modo o debba essere rivisitato.
Il tema della mattinata ruota attorno all’articolo della fede Credo la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi. A guidare la riflessione sono stati Cettina Militello e Gianfranco Calabrese. Entrambi i relatori, passando in rassegna i contributi del volume che raccoglie gli atti sul simposio sull’ottavo articolo di fede, ne hanno offerto una lettura trasversale rispettosa dei contenuti e aperta però a raccogliere le istanze critiche ancora da assumere nel tentativo di ridire il Simbolo della fede.
La prof.ssa Militello, ribadisce la necessità che non ci sia rottura tra il credo la chiesa cattolica e la comunione dei santi: la chiesa è comunione dei santi. La Communio sanctorum è il senso ermeneutico dell’articolo ottavo del Simbolo. Nella forza dello Spirito noi affermiamo la chiesa santa cattolica quale comunione dei santi. I due termini Chiesa-comunione non solo solo correlati ma esprimono il medesimo mistero
Si ribadisce anche la necessità che l’articolo sulla chiesa non sia separabile dall’articolo sullo Spirito Santo; infatti, tutta la declinazione finale del Simbolo Apostolico è riconducibile allo Spirito Santo, cui si deve anche la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna.
Chiave ermeneutica del mistero della Chiesa è la categoria della sacramentalità e del suo tradursi nel contesto delle terminazioni ultime. La formulazione simbolica addita la Chiesa quale sacramento radicale e la parte finale del Simbolo apostolico declina questa sacramentalità. La nozione di sacramento appella a un evento teandrico, all’interazione uomo-Dio che è l’evento strutturale e strutturante fondativo del cristianesimo. Ecco perché, per la Militello, è importante riconoscere nella vita sacramentale il tradursi del mistero ecclesiale. Ed è un invito rivolto sia ai teologi sistematici sia ai teologi pratici.
Interessante la definizione del Simbolo offerta dalla Militello: il Simbolo è un concentrato sensibile, sacramentale, estetico.
Poiché alla realtà della chiesa si accede attraverso questo intreccio, occorre rivisitare la nozione di sacramento che appella all’evento teandrico, all’interazione uomo-Dio; Dio-uomo, quale evento strutturale strutturante fondativo del cristianesimo. Il cristianesimo sta nel circolo exitus-redditus, ossia muove Dio verso l’uomo e muove l’uomo verso Dio. Addirittura fa Dio uomo e fa l’uomo Dio.
La prof.ssa Militello chiude il suo intervento invitando a ulteriori approfondimenti e, in particolare, relativamente a quelle prospettive che nel volume sono state appena accennate ma che darebbero maggiore respiro alla comprensione del mistero della Chiesa.
A fare da pendant alla relazione della Militello, il prof. Gianfranco Calabrese. Utilizzando un ampio e articolato schema, il prof. Calabrese ha sottolineato alcuni punti all’interno di una triplice griglia che ha inteso gettare lo sguardo sulle prospettive fondamentali e sulle sinergie acquisite che il volume offre, sulle problematiche stimolanti e sulle questioni aperte che il volume presenta, per finire con alcuni punti critici e gli approfondimenti necessari che devono essere seguiti per una migliore comprensione del mistero della chiesa.
In sintesi i nuclei concettuali che il prof. Calabrese ha individuato. È necessario superare una visione apologetica, spiritualistica e sociologica del mistero della chiesa e dell’ecclesiologia; nella comprensione del mistero della chiesa occorre prestare attenzione alla rivelazione a alla tradizione, all’ecumenismo, alla cultura, all’evangelizzazione e al rapporto con le altre religioni e culture. Una domanda cruciale è relativa alla domanda su quale annuncio e quale catechesi sulla chiesa, sul suo mistero e sulla sua prassi deriva e condiziona la riflessione ecclesiologica contemporanea. Per il relatore, il mistero della chiesa, trova la sua centralità nella categoria di relazione e nella dimensione sponsale.
Le questioni aperte e le problematiche, ovviamente, sono tante e tutte decisive. Calabrese ne indica alcune: la relazione tra la concezione del mistero della chiesa nella prospettiva della teologia trinitaria, a partire dalla centralità cristologica della teologia e della catechesi e dalla priorità pneumatologia e il dialogo interreligioso e interculturale; il rispetto della tensione ecumenica nelle diverse chiese e comunità cristiane, la concezione della fede e lo sviluppo della comprensione del Simbolo della fede e della concezione dello stesso mistero della chiesa; il rapporto e la tensione dialettica tra il mistero della chiesa, la realtà della chiesa e l’annuncio del Regno di Dio; l’elaborazione di alcuni elementi per un’ecclesiologia adeguata.
Tra gli approfondimenti necessari per ridire il Simbolo il prof. Calabrese indica la necessità di: 1) un maggior coordinamento tra la dimensione misterica e la prospettiva storico-sociale; 2) una sinergia di analisi e di riflessione teologica circa la relazione tra la Communio sanctorum e l’Ecclesia Dei ancora troppo separate quando non contrapposte; 3) approfondimento del tema della santità, dell’unità e dell’apostolicità in stretta relazione con la cattolicità; 4) collocare la sacramentalità nella/della chiesa nel mistero della chiesa, all’interno dell’articolo sullo Spirito Santo e nella prospettiva del Simbolo della fede. L’ultima questione affrontata dal prof. Calabrese è il richiamo a tenere conto della riflessione filosofico-culturale e scientifica sullo spazio-tempo da intendere in senso antropologico, psicologico e sociale, perché esse possono aiutare a comprendere l’incidenza soteriologica ed ecclesiologica sulla salvezza dell’uomo e della società.
Nel pomeriggio, i lavori del Simposio si sono concentrati sull’articolo del Simbolo relativo alla remissione dei peccati. I relatori sono stati Maria Pastrello e Salvatore Barbagallo. Nel suo intervento, la prof.ssa Pastrello, facendosi guidare da un testo di Gabriel Marcel, ha presentato i contributi presenti nel volume mettendone in evidenza i punti più qualificati. Marcel, dice la relatrice, distingue tra imperfezione e peccato, tra Parola e storia della salvezza affermando che il peccato richiama una teleologia al contrario, una distruttività che sembra all’opera nel mondo e che è esattamente il contrario della finalità che conduce alla realizzazione del bene.
Nel discorso di Marcel, secondo la prof.ssa Pastrello, sono presenti tutti gli aspetti chiave emersi nella trattazione del decimo articolo del Simbolo. Passando in rassegna i contributi presenti nel volume si può affermare, dice la relatrice, che più che su una riflessione storiografica e culturale in senso ampio, si sono soffermati su ciò che il peccato rappresenta per l’uomo. Questo è il vero punto di forza del volume. Tutti i contributi sono stati in sintonia con un dato fondamentale: pensare il peccato in relazione alla centralità dell’uomo nella storia o, meglio, dell’umano nella sua dimensione dell’essere insieme e della storia connessa alla salvezza.
Molte le istanze che la relatrice ha messo in evidenza, sintetizzando le indicazioni dei vari contributi. L’approfondimento dell’aspetto sacramentale della penitenza, ricollocando il tema del perdono rispetto al ruolo dello Spirito Santo e al discorso di tipo soteriologico, partendo sempre dall’evento pasquale. Utilizzando un’espressione di Metz si potrebbe dire che ripensare il peccato significa realizzare anche una rivoluzione antropologica.
Sicuramente dai contributi del volume, secondo la relatrice, emerge in maniera inequivocabile un dato: la lettura del decimo articolo si gioca tutta su un binomio: peccato/perdono. Il peccato non è semplicemente imperfezione, ma neppure soltanto colpa o responsabilità. Il peccato implica la colpa e la responsabilità. Peccato, imperfezione, colpa, responsabilità sono aspetti inscindibili, strettamente connessi, ma che vanno pensati rispetto a un orizzonte che è quello del divino.
Poiché il peccato è costante antropologica, la lettura e il confronto antropo-culturale sono imprescindibili anche con riferimento al mito della colpa originaria. Un’altra costante emersa nella riflessione sull’articolo di fede è che il peccato va letto uscendo da ogni logica retributiva, sfuggendo al rischio dell’esteriorità dei riti. Anche il perdono va recuperato nella sua dimensione originaria, come atto originario.
La prof.ssa Pastrello conclude il suo intervento lasciando intravvedere alcune questioni riguardo all’ambito del vissuto della fede e della catechesi. Si tratta di interrogarsi sul modo di parlare del peccato e del perdono agli uomini di oggi, tenuto conto che oggi c’è una vera e propria fuga dal confessionale. In definitiva, si tratta di rendere significante questo tema, di riuscire a attribuirgli un senso, restituendogli la sua pregnanza umana, ma non disgiungibile dall’immagine del Dio cristiano, senza il quale il peccato rimane privo di risposta.
Il prof. Barbagallo, da inizio al suo intervento avvertendo che oggetto specifico del decimo articolo del Simbolo di fede è la remissione e non il peccato. Credo la remissione dei peccati, è infatti confessione dossologica e liberatoria da parte della comunità ecclesiale e, in essa, del credente, espressiva della fedeltà di Dio e della liberta responsabilità dell’uomo.
Passando in rassegna i contributi presenti nel volume, secondo Barbagallo, emerge che l’esperienza dell’anthropos, che viene descritta in maniera interdisciplinare, risulta segnata da una costante che è appunto il peccato. Il peccato si configura come il venire meno della responsabilità che l’uomo ha nei confronti di se stesso, di Dio, degli altri e del mondo, quello che viene definitivo il quadruplice scisma. Esso è diminuzione dell’uomo stesso perché gli impedisce di conseguire la propria pienezza, così come splendidamente hanno affermato i padri conciliari nella costituzione Gaudium et Spes al n. 13.
Sotto questo profilo è utile ricordare, secondo il relatore, che l’assunto dossologico dell’articolo di fede, emerge come dono-proposta di umanizzazione piena da parte di Dio all’uomo, il quale viene interpellato nella sua libertà.
Il prof. Barbagallo conclude il suo intervento con alcune osservazioni relative al tema della remissione dei peccati, alla luce di quanto è contenuto nei contributi del volume. Nella tradizione cristiana è costante legare la remissione dei peccati allo Spirito Santo. Rimettere i peccati è specifico della presenza e dell’azione dello Spirito: lo Spirito è la remissione dei peccati, egli è stato effuso per rimettere i peccati.
La remissione dei peccati, quale poietica perfettiva e compitiva di umanizzazione da parte dello Spirito sul’immagine del Figlio, si compie nella chiesa mediante le attuazioni sacramentali, non solo relativamente al settenario ma anche relativamente a una sacramentalità più ampia. Da questo punto di vista, secondo il prof. Barbagallo, occorre evitare che si verifichino le riduzioni teologiche, spirituali e moralistiche, le stesse che si sono attuate lungo la storia, sia nel nostro vissuto come anche nella riflessione teologica.
Il dibattito, sia dopo le relazioni del mattino, sia dopo le relazioni pomeridiane, ha ulteriormente arricchito i lavori simposiali, offrendo altre piste di riflessione e di lavoro. La giornata si è conclusa con l’Assemblea dei soci della SIRT.