di Clara Aiosa
Dopo la mattinata di lavori sull’Amen e le sue prospettive di confine, con i contributi offerti dal prof. Lucio Pinkus, dal prof. Ruggero Marchetti, pastore della chiesa valdese di Trieste, e dal prof. Francesco Miano, il pomeriggio, è stato dedicato alla visita della basilica di Aquileia, sotto la cui sontuosità, si stanno svolgendo i lavori del Simposio.
La basilica, è stata costruita da Teodoro, intorno al 313. Teodoro è vescovo di Aquileia, prima dell’editto di Milano.
L’ingresso nell’aula Sud della basilica, orientata a est, a cui i nostri fratelli cristiani di Aquileia, accedevano dalla porta laterale d’Arca, aperta da nord, testimonianza dell’edificio originario teodoriano, ha dato avvio alla ermeneutica estetico-teologica e teologico-estetica di Crispino Valenziano. L’itinerario sapienziale ci ha fatto fare memoria di una identità ecclesiale, quella della chiesa aquileiese, appunto, che qui, specchiandosi nei mosaici pavimentali, ha riletto se stessa in chiave battesimale, in chiave sponsale, in chiave escatologica.
Le germinazioni arcaiche nei mosaici pavimentali della basilica, ripartiti in nove tappeti, per una superficie di quasi 750 metri quadrati, sono state presentate da Crispino Valenziano a partire dalla chiavi grammaticali e sintattiche dell’opera tutta, intrecciando visione ai testi dei padri della chiesa che qui hanno svolto il loro ministero, o di quei padri della chiesa che di questa chiesa ne sono stati artefici, in un senso o in un altro: Cromazio di Aquileia, Rufino di Aquileia, Ambrogio da Milano, Origene, Clemente d’Alessandria, ecc.
La ricerca teologica sul Simbolo che la Sirt sta portando avanti in questi ultimi anni, nella basilica di Aquileia trova il suo Sitz im Leben più appropriato. Qui si percepisce nell’aria, sono le parole di Crispino Valenziano, la novità del tempo risurrezionale colta da Cromazio che la liturgia aquileiese celebrava in Dominica Olivae per la consignatio et redditio del Simbolo Baptisimalis e della preghiera Dominicalis.
Qui si percepisce che la nostra fede, è fede nel Pastore bello, quello rappresentato nel mosaico dell’aula, pedagogo dei piccoli, come affermava Clemente d’Alessandria. Qui si professa che nella chiesa tutti siamo introdotti e salvati, come pesciolini, secondo il pesce che è Cristo. Qui, e i mosaici pavimentali ne sono davvero germinazione arcaica, avendo davanti il segno di Giona, è più facile professare con Cromazio la fede nella risurrezione: «Ognuno di noi è battezzato in questo corpo mortale, affinché creda che risorgerà con il medesimo corpo per la vita eterna. Così secondo la fede del Simbolo nella quale siamo stati battezzati professiamo: (Credo) la risurrezione di questa carne, per la vita eterna».
Dopo due ore godibilissime di ermeneutica estetica e mistagogica, di cui siamo grati a Crispino Valenziano, il pomeriggio si è concluso con la preghiera vespertina attorno al battistero. Sotto la presidenza del pastore valdese, circondati dalla moltitudine dei testimoni della fede, abbiamo fatto la nostra bella professione di fede, cantando il simbolo apostolico e facendo esplodere, all’unisono, il nostro canto dell’Amen.
Un particolare che credo sia sfuggito a tanti ma che personalmente mi ha emozionato. Al canto della professione della nostra fede, anche la responsabile della custodia del battistero, si è messa in piedi, come noi e con noi. Segno stupendo della capacità “simbolica” della nostra fede che, nello Spirito, tutti unisce.
La cena e il clima fraterno che sempre contraddistingue i simposi della Sirt chiudono l’intensa giornata.